CX 125 – tipo 158

Ringraziamo l’autore dell’articolo Patrick Banali, nonché felice possessore della CX Blu sotto fotografata.

Presentata al Salone di Bologna motor show nel 1990 in diverse varianti e colorazioni, alcune di sola prova grafica come moto anticonformista e protratta ad una concezione di gran lunga differente rispetto alle concorrenti di fatto fu un vero e proprio disastro commerciale e non si erra se si dice che forse proprio questo modello fu la zavorra finale che fece precipitare il famoso marchio italiano dei due anelli nel baratro commerciale e finanziario più profondo, un preludio al fallimento aziendale. Si tratta di un modello unico nel suo genere disegnato tra l’altro da una staff ingegneristico con al capo una matita d’autore: l’ingegner Marabese che già aveva disegnato la maggior parte delle Gilera anni 80.

La CX, codice modello tipo 158, era proposta come moto da turismo, proposto al mercato e inserito in questa categoria fu una vera e propria scommessa, un azzardo commerciale, la proposizione al mercato di una motocicletta molto avanti coi tempi, stilisticamente discutibile e tecnologicamente avanzata.

Veniva assemblata negli stabilimenti di Arcore (MI) in una linea di montaggio appositamente attrezzata e dedicata. Erano sufficienti circa cinque minuti circa per assemblare una moto e mandarla alla fase di finitura, dodici moto all’ora, un centinaio al giorno! E proprio pochi furono i giorni di produzione della CX, poco più di due settimane.

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Dopo un assemblaggio iniziale di circa 500 moto tutte consegnate ai relativi concessionari autorizzati Gilera ci fu la messa in produzione di una seconda tranche di mille pezzi. La produzione
per il mercato interno subito cessò in ragion del fatto che la moto non piaceva all’utenza ed era perfettibile. In buona sostanza la moto continuava a essere invenduta.
Si fermò a circa 1200 esemplari prodotti di cui immatricolati in Italia circa 627, il resto spedito ai concessionari all’estero. L’assemblaggio dei primi 1500 telai non venne portata a termine. Le commesse disdette ma molto in ritardo. Per non troppo danneggiare i fornitori, che avevano prodotto materiale finito per l’assemblaggio di molti più esemplari, molto materiale in corso d’opera fu consegnato ugualmente allo stabilimento che onorò i pagamenti e stipò il materiale in magazzini in quel di Arcore senza un futuro certo. Il fallimento era ormai imminente. Pochi sanno che la Gilera cx 125 in realtà fu uno studio che proiettava il modello verso un utilizzo del propulsore ad una cilindrata superiore e a 4 tempi. Era in progetto il bicilindrico bialbero che fu poi ripreso e progettato con una cilindrata maggiore per l’utilizzo della famosa maratona africana e che non fece mai il suo debutto. Di seguito tutto questo materiale fu di fatto “ svenduto” ad una cerchia di pochi conoscenti molto vicini all’azienda e che avevano avuto informazioni pre-fallimentari, altro materiale macerato. Di queste moto prodotte e immatricolate molte sono state demolite tra gli anni 1991 e 1998 al momento dei primi “incentivi governativi alle rottamazioni” mandando gran parte della produzione allo sfascio ( circa 3/5 della produzione). Dei 2/5 rimanenti si può affermare che per la metà trattasi di motociclette radiate d’ufficio e chissà, non è dato a sapere se ancora rintracciabili, per l’altro trattasi di moto ancora rintracciabili ed esistenti al P.R.A. .

Ci si mise anche la fragilità stessa della componentistica perfettibile e la linea della moto da subito giudicata poco interessante lontana anni luce dalle più blasonate “RACE REPLICA” a spingere molti 16enni ormai nel tempo diventati 18enni a disfarsene per un più comodo scooter o per acquistare l’auto. I concessionari poi al tempo non rimettevano più in vendita una moto con riparazioni e interventi sostanziali da eseguire prima della riproposizione al mercato dell’usato e di fatto il destino inevitabile era il ritiro del mezzo usato e l’invio al demolitore.
Fecero questa fine anche molti modelli nuovi fondi di magazzino rimasti senza un acquirente. Dopo una produzione di circa 1200 moto ai giorni attuali sono reperibili circa 150 gilera cx ma vendibili molte meno. Infatti molti proprietari di questa moto han capito che il modello risulta essere stato un vero e proprio disastro commerciale ma proprio per questo ora ricercato da molti collezionisti in tutto il mondo. Uno strano particolare ancora, nell’agosto 2001 la gilera cx a 10 anni dal lancio commerciale era già considerata motocicletta di particolare interesse storico e collezionistico e ad essa era dedicata una quotazione su una nota rivista del settore collezionisti.

Il telaio in acciaio denominato Twinbox è un vero brevetto Gilera e ha accompagnato tutta la produzione tra il 1986 e il 1994 su tutte le stradali prodotte adattando ad ogni modello piccole varianti. Era soggetto alla formazione di numerose fratture a causa delle forti sollecitazioni che la forcella anteriore monobraccio scaricava nella zona del cannotto di sterzo. Il serbatoio in materiale plastico aveva una forma non convenzionale ed era nascosto dalla carenatura in moto integrale. Tolta la scocca lato sinistro si possono fare interventi meccanici più agevoli anche se lo sportello di ispezione candela più in basso permetteva già, una volta rimosso con molta delicatezza, di poter eseguire manovre sufficienti alla piccola manutenzione.
Particolarmente interessanti sotto l’aspetto estetico sono le ruote in lega di alluminio lenticolari. Una soluzione simile si può vedere anche sul malaguti Fifty 50 EVO. Frecce integrate negli specchi ( come cagiva freccia qualche anno prima ) ma con un disegno unico e stilisticamente innovativo. Gli specchi, al contrario della serie cagiva freccia, sono ripiegabili. Una manovra comunque rischiosa e che provoca rotture se non si è precedentemente regolato il tiraggio del bullone che tiene lo stesso. Monobraccio posteriore in alluminio in unica fusione, disegno esclusivo.
Particolare della forcella anteriore, i leveraggi sono di stile aeronautico e ricordano quello del carrello degli aerei. La forcella era prodotta da Paioli Meccanica.
La carenatura aveva molti difetti, la fragilità innanzi tutto era la causa delle numerose rotture alla base degli attacchi tra componente e componente. La carenatura stessa è ancorata in soli 4 punti fissi al telaio nella parte superiore e 4 nella parte inferiore. Molto rigida e in ABS era causa di formazioni di molte crepe in molti punti “ cronici” tra i quali: pancia inferiore sinistra, zona sottosella passeggero, zona parte anteriore estrema dei fianchi in coincidenza con il puntale, zona centrale al fianco anteriore in corrispondenza con il foro di fissaggio al telaietto in tubi di acciaio. Tra l’altro lo stesso telaietto nei primi modelli non era supportato da adeguato metodo di sostegno e i primi modelli distribuiti sono stati oggetto di inevitabile rottura delle carenature nella zona anteriore e del telaietto stesso.
I freni ruota erano concepiti per essere al centro dell’asse longitudinale della moto. Ogni accenno alla leva del freno sia posteriore e specialmente anteriore non provoca alcun movimento anomalo della moto ( anche in piega estrema ) e di fatto assenza totale del momento torcente.
Il fanale ha soli 3 punti di attacco al frontale anteriore ed era soggetto a rotture frequenti. Il parafango posteriore era uguale a quello del modello GFR anche se diverso nel trattamento: quello della cx era nero lucido e di plastica non flessibile soggetto a numerose rotture, quello della GFR di materiale plastico opaco e molto morbido, quasi impossibile la formazione di rotture.

La componentistica al manubrio era simile ad altre 125 sue coeve, il manubrio era in metallo in 2 pezzi fissati alla bella piastra in ergal ma sulla versione per l’export erano in alluminio. Il cruscotto era unico nel suo genere e di stile e disegno automobilistico, al centro un orologio a cristalli liquidi digitale.

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Gli adesivi erano in due sole tonalità: arancione e bordeaux.
La serie color rosa metallizzato denominata Red Rose o Garden Rose, aveva la sella passeggero e pilota con relativo gommino poggia fondoschiena di colore nero, le altre versioni nera, blu e verde erano di colore arancione.La verniciatura blu era denominata semplicemente Blu CX, la verde era denominata Muscat Green e la versione nera (prodotta per il mercato estero ma poi distribuita anche in Italia in alcuni esemplari) era denominata Onix Black.
Queste denominazioni sono recuperabili dal catalogo Lechler. Unica particolarità: tutte le vernici utilizzate oggi sono con base all’acqua e anche se molto simili non hanno lo stesso effetto della verniciatura di vecchia tipologia. Se del caso fosse necessario riverniciare un solo pezzo della vostra gilera cx sarete messi nelle condizioni di rifare tutta la moto al fine di non notare differenze chiaro-scure. La versione per l’estero tra l’altro aveva un gruppo marmitta-silenziatore di diversa conformazione (era un solo pezzo) e le piastre del passeggero simili a quelle del prototipo presentato al salone di Milano del 1989. La moto inoltre era sprovvista di modenature di rifinitura nella zona anteriore sotto lo scudo. La piastra in ergal della versione per l’estero era vistosamente più chiara.

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l motore è l’evoluzione del propulsore introdotto con la SP01 con ammissione diretta nel carter. Sulla CX, come sulla Crono, monta un nuovo gruppo termico marchiato 254a ed adotta la valvola elettronica comandata dal solenoide, un magnete che sollecitato elettricamente gestito da una centralina elettronica apriva la valvola allo scarico tramite un cavetto ad un regime di circa 7800 RPM per arrivare sino ai 11500 RPM di regime massimo. Il motore della versione cx era marchiato con un suffisso 157.