Riding Classics 90s: Kawasaki ZZR 1100

Una personalità in continua evoluzione

Ho scritto diverse volte le mie sensazioni “a bordo” della ZZR, e ogni volta che la guido scopro nuove sfaccettature della sua grande personalità. Gli esemplari che provai in passato non mi diedero le stesse emozioni, e non ho tardato a comprendere, come da un esemplare all’altro, vuoi per un rodaggio migliore, vuoi per una messa a punto differente, possa esserci una differenza rilevante, quando non sostanziale. Sul mio esemplare (con circa 35000 km, di cui 10000 percorsi da me) ho effettuato scrupolosa manutenzione: pulizia circuito lubrificazione, distribuzione, registrazione valvole, e provveduto ad ingrassare la carburazione, unitamente all’uso di un elevatore di ottano, particolarmente gradito dal prodigioso 1052 cc.

Sulla rotta di Kessel

Il leggero fremito che si avverte ad ogni variazione di velocità è accompagnato da un cupo e modulato timbro metallico da turbina aeronautica, che cresce di intensità, tono e sfumature acustiche, man mano che l’aria viene inghiottita dalla insaziabile bocca d’aspirazione. Dopo i 5000 giri, l’inaspettata, immediata, violenta ed incontenibile risposta nel primo rapporto, fa decollare di prepotenza i 250 chili dell’ordigno di Akashi, ancor prima che si possa girare tutto il gas. All’inserimento (in volo) del secondo rapporto, la spinta sembra addirittura superiore e scaraventa vertiginosamente in avanti, rapporto dopo rapporto. Anche in sesta, l’ira del motore non accenna minimamente a placarsi e la furiosa progressione, che non ha eguali per sensazioni, nemmeno paragonata alla ZX 12 ed Hayabusa, è di quelle che restano nella memoria. Questa è la ZZR “C”.

L’anima Granturismo

Comodamente appoggiati sul vasto sellone, con le gambe correttamente angolate e sostenute dalle ottime staffe, e le braccia dolcemente protese sui larghi semimanubri, si è messi immediatamente nelle condizioni di fruire della seconda anima della “Granturismo” Kawasaki: la dolcezza dei comandi e la silenziosità di frizione e cambio (se si eccettua il rumoroso innesto della “Prima”) rendono piacevolissimi gli spostamenti a quasi tutte le velocità. Basta infatti un minimo input per farla curvare, e il progressivo sostegno garantito dalle quote ciclistiche rassicuranti, e da un baricentro decisamente basso, permettono di affrontare con pochissimo impegno curve e controcurve, anche di raggio ridotto.

Sospensioni e assetto

La risposta delle sospensioni è confortevole e giustamente accordata, ma tendente al morbido. È quindi necessario e filosoficamente opportuno adottare una guida fluida, con misurati spostamenti del corpo, assecondando un assetto solo moderatamente sportivo, che ripaga con ottima precisione e sostegno, ed una corroborante sensazione di tranquillità. Forzando gli inserimenti, la bestiona si scompone ondeggiando, ma senza mai far perdere fiducia ed aderenza, e la repentina apertura del gas, anche a basso regime, provoca una prevedibile tendenza ad allargare la traiettoria. Negli inserimenti ad assetto stabilizzato invece, la notevole fiducia trasmessa porta talvolta a vistose strisciate di pedane, invero piuttosto basse.

Frenata e protezione

La frenata, buona almeno fino ad andature “codice”, non perturba l’assetto a moto dritta, e con un po’ di allenamento, è apprezzabilmente sfruttabile anche a moto inclinata, quando si calibra male la velocità ideale di inserimento. A velocità di… curvatura spaziotemporale, invece, è solo sufficiente. In autostrada la protezione aerodinamica è discreta, per una supersport tourer, e le eccezionali prestazioni velocistiche non possono essere “vissute” con la stessa nonchalance delle rivali (molto) più moderne. In questo senso la ZX 12 è nettamente più sfruttabile a velocità elevatissima, ed anche la XX, pur servita da un profilatissimo plexyglass resta più protettiva a velocità superiori ai 200 orari. Più simile la Busa, che in aggiunta vanta una stabilità ineguagliabile.

Il fascino dell’imperfetto

Al di là dei gusti personali, e senza ombra di dubbio, la convivenza con la ZZR è fatta di compromessi. Le sue carenze sono però tali solamente se confrontate con motociclette più moderne, e se si vuole assaporare il suo potenziale; ma la soddisfazione di padroneggiare una simile moto e di godere del fascino dell’imperfetto, in questo caso rendono l’esperienza più eccitante. Non nascondo che da sempre il mio cuore ha battuto più forte per le Kawasaki. Ma non significa affatto che questo mi abbia fatto perdere l’imparzialità, anzi, è sempre stato merito di alcuni modelli e del loro straordinario carattere a generare l’incantesimo, e mai l’amore cieco.

Un’eredità unica

La discendente della celebre GPz 900 R è una moto totalmente differente, meno sportiva anche delle ZX-10 e della GPz 1000 RX che l’hanno preceduta, ma molto più matura e versatile. E dotata di una inaspettata ignoranza che conquista e travolge.

Alessandro Rimprocci

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